Il matrimonio combinato e forzato

In numerosi paesi vige, o vigeva prima della tradizione del matrimonio romantico, la tradizione del matrimonio combinato, che dal punto di vista giuridico si deve distinguere da quello forzato. Nel caso del matrimonio combinato, i genitori degli sposi oppure dei terzi si limitano a un ruolo guida.

La volontà di chi va incontro al matrimonio ha lo stesso il ruolo decisivo. Il libero e pieno consenso degli interessati non c’è nel caso del matrimonio forzato. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sancisce che: Il matrimonio potrà essere concluso esclusivamente con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.

La distinzione tra un matrimonio combinato e uno forzato può essere molto difficile. I casi più evidenti sono la minaccia e l’utilizzo di violenza contro la persona renitente, che può sfociare anche nel delitto d’onore, istituzione ancora molto diffusa nel continente africano e in quello asiatico. La distinzione tra matrimonio forzato e combinato suscita delle riserve che vanno dalle semplici perplessità al rifiuto più completo di chi sostiene che tra i due concetti la differenza sia inesistente. Nonostante questo, sono numerosi i motivi che spingono a combinare o a forzare matrimoni in una cultura.

Arrangiare un matrimonio serve prima di tutto a stringere legami familiari fra due famiglie e ad aumentarne la ricchezza, come poteva avvenire in Europa nel Medioevo o nel Rinascimento. Può servire a una famiglia per controllare la sessualità dei propri membri, limitando i comportamenti non ammessi o non desiderati, oppure a proteggerne lo sviluppo emotivo, evitando relazioni reputate dannose e favorendo unicamente quelle approvate dai familiari secondo norme culturali o religiose.

Il matrimonio combinato è considerato un modo risolutore per ovviare alle conseguenze di una gravidanza indesiderata o al frutto di un’unione non ufficiale. Il matrimonio combinato è un modo per facilitare l’immigrazione di una popolazione in un paese straniero.


“Matrimonio forzato”


Nel matrimonio forzato il consenso espresso da una o da entrambe le parti viene carpito con violenza o minacce. Tale fenomeno è talmente presente che il Consiglio d’Europa ha stipulato la Convenzione di Istanbul per la prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica ed indica all’art. 37 i matrimoni forzati tra le forme di violenza da combattere.
Con il Codice Rosso anche l’Italia ha finalmente introdotto nel Codice Penale l’art. 558 bis “Costrizione o induzione al matrimonio”.

La norma dispone che “chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile è punito con la reclusione da uno a cinque anni. La stessa pena si applica a chiunque, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell’autorità derivante dall’affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile. La pena è aumentata se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto. La pena è da due a sette anni di reclusione se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni quattordici.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia”.

Due sono i tipi di reato previsti dall’articolo: la minaccia come modalità di oppressione; e il reato di induzione al matrimonio. Per la giurisprudenza di legittimità, la coartazione al matrimonio non può considerarsi come fatto di natura privata ma rientra nell'ambito della violenza di genere, così come riconosciuto dalla Convenzione di Istanbul.
Ciò vale, a maggior ragione, nei casi in cui le donne siano vittime di codici di comportamento, come il Codice del Kanun, applicato nelle aree rurali del nord dell'Albania, ove la posizione della donna è di totale subalternità all'uomo.

La violenza di genere rientra tra le ipotesi di riconoscimento della protezione internazionale e il matrimonio imposto, con la reiterata violenza fisica e psichica consumata ai danni di una donna, costituisce violenza di genere. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 20 aprile 2022 n. 12647


Per maggiori informazioni:
Webinar “Spose per forza: il lavoro dei Progetti Antitratta rispetto ai matrimoni forzati” – 15 luglio 2021

Le spose bambine 

In alcuni paesi è ancora consuetudine sposare ragazze minorenni spesso non ancora adolescenti per vari motivi culturali oppure economici.
I mariti, di frequente, hanno molti più anni di loro.
Organizzazioni dei diritti umani come Unicef e Amnesty International sostengono campagne di contrasto al fenomeno.
I matrimoni forzati sono compresi nella definizione di bambini soldato data dall’Unicef.

Save the Children nel report dell’11 ottobre 2021, stima in 22.000 ragazze morte all’anno per gravidanza o parto a causa del matrimonio infantile.